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Progettazione

Una ricostruzione “impossibile” nel centro storico di Napoli

Caso studio proposto dal Prof. Ing. Federico M. Mazzolani su un edificio nel centro storico di Napoli.

9 Giugno 2020
ricostruzione napoli
Prof. Ing. Federico Mazzolani
Professore emerito di Ingegneria strutturale presso l'Università "Federico II" di Napoli; è tra i massimi esperti di costruzioni in acciaio a livello internazionale.

L’edificio di Via Bisignano n. 55 in Napoli, originario del 1700, sorge nel centro storico della città nello spigolo di un’area delimitata, oltre che dalla predetta via, da Vico Belledonne, Vico dei Sospiri e Via Giuseppe Ferrigni.
L’edificio in muratura di tufo, che si sviluppava su cinque livelli, venne bombardato nel 1943 durante la Seconda Guerra Mondiale e fu distrutto quasi completamente ad eccezione del piano terra, che tuttora ospita attività commerciali lungo i due lati d’angolo che circondano il cortile. Oltre al piano terra, alcuni residui murari ancora rimangono in adiacenza degli edifici esistenti lungo Via Bisignano e Vico Belledonne.

Dopo più di sessant’anni, i proprietari dell’edificio sono finalmente riusciti ad ottenere il permesso di ricostruire. Trovandosi in pieno centro storico, era rigorosamente imposto dalla Soprintendenza che la ricostruzione dovesse avvenire nel totale rispetto delle aree e dei volumi preesistenti e che la nuova facciata dovesse riprodurre quella originaria.

Quando alcuni illustri ingegneri strutturisti napoletani furono consultati dall’Amministratore di condominio per sviluppare il progetto di ricostruzione dell’edificio, vennero alla luce non poche difficoltà.

Infatti, tenendo conto dei vincoli imposti, la scelta più spontanea per la tipologia strutturale destinata al completamento dell’edificio era quella di utilizzare per la sopraelevazione lo stesso tipo di muratura tufacea già esistente al primo livello ed in parte in aderenza con gli edifici confinanti, anche nel puntuale rispetto dell’imposto restauro conservativo. Ma questa ipotesi della ricostruzione della parte mancante mediante la stessa muratura di tufo dovette essere subito scartata.

Infatti, nel corso di più di mezzo secolo le nuove disposizioni legislative e le condizioni ambientali erano sostanzialmente cambiate. L’inserimento in zona sismica del territorio napoletano a partire dal terremoto del 1980, con successive modifiche più restrittive, impone il rispetto della nuova normativa sismica che, fra l’altro, avrebbe richiesto la realizzazione di giunti lungo il perimetro a contatto con gli edifici esistenti, che prima non esistevano. Oltre che al taglio della muratura esistente per la realizzazione dei giunti, la più severa domanda di resistenza strutturale necessaria per l’assorbimento delle azioni sismiche avrebbe comportato un importante incremento dello spessore dei muri alla base, che certamente non sarebbe stata accettata dagli attuali proprietari del piano terra, dove operano ben avviati esercizi commerciali, che avrebbero subito un danno sia a causa della sospensione temporanea delle attività durante i lavori, ma soprattutto per la riduzione delle aree utili causate dal necessario aumento dello spessore delle pareti verticali.

Per queste ragioni, il problema sembrava privo di soluzioni accettabili. Occorreva escogitare un sistema strutturale del tutto fuori dal comune, che fosse completamente autonomo ed indipendente dall’esistente. […]

L’articolo è tratto dal nr.0 de Lo Strutturista. Scarica il documento completo:

  Una ricostruzione "impossibile" nel centro storico di Napoli (4,1 MiB)
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