L’uso dell’esoscheletro leggero in acciaio Resisto 5.9
Il retrofit sismico-energetico di edifici in c.a.: un’applicazione numerica nell’area napoletana di Bagnoli
Alla luce del recupero del vetusto patrimonio edilizio italiano, nato per la maggiore in un’epoca in cui mancavano dettami progettuali di natura sismica, la recente normativa europea ed italiana ha dedicato grande attenzione allo studio ed all’implementazione di sistemi di retrofit integrato sismico-energetici. A partire dal 2017 e sulla base del decreto rilancio del 2022, gli interventi coperti dai bonus previsti dalla legge italiana hanno visto aumentare il numero di sistemi integrati per il miglioramento sismico ed energetico del patrimonio edilizio esistente.
Tali sistemi hanno creato un ponte tra gli interventi prettamente energetici e quelli di tipo antisismico. In quest’ottica si inserisce il sistema di cappotto sismico Resisto 5.9, che risulta costituito da un telaio in acciaio formato a freddo, irrigidito un sistema di rinforzo a croci di S. Andrea con piatti di acciaio, su cui vanno ad innestarsi i diversi strati del “pacchetto isolante” di protezione termica. In questa memoria sono state analizzate diverse applicazioni di tale sistema ad un telaio in c.a., estrapolato da una struttura intelaiata in scala reale, e ne è stato valutato il miglioramento in termini di resistenza e rigidezza attraverso analisi statiche non-lineari. In particolare, rispetto al telaio nudo, è stato registrato un aumento della rigidezza iniziale di circa il 200% ed il 300% quando il sistema Resisto 5.9 è stato applicato rispettivamente senza collegamenti alla base e con montanti collegati in fondazione.
Analisi
Dalle analisi condotte è stata riscontrata, infine, una riduzione delle sollecitazioni all’interno delle membrature della struttura in c.a. grazie all’assorbimento di una quota parte di queste da parte del sistema Resisto 5.9. Gli interventi di miglioramento e adeguamento sismico globali, nonché gli interventi locali di rinforzo sismico, sono molteplici e si differenziano in funzione delle peculiarità tipologiche e strutturali degli edifici su cui vengono previsti [1]. La validità di tali interventi è comprovata da anni di test scientifici ed applicazioni dalle quali si derivano informazioni circa la loro applicabilità ed efficacia. Risulta evidente come lo studio di nuove tecniche debba passare prima per una fase di test e valutazione. Il retrofit delle strutture esistenti dipende fortemente dal grado di danno presente nel manufatto, che può essere attribuito alla vetustà, alle azioni corrosive, al degrado materico o antropico, ecc. Per tale ragione è necessario effettuare sperimentazioni su un pool diversificato di strutture su cui testare le varie tipologie di intervento.
Le prove
Ai fini della sperimentazione in laboratorio si realizzano spesso strutture ex novo con particolari caratteristiche di degrado simulato che non saranno mai perfettamente rispondenti al reale stato di una struttura invecchiata naturalmente nel corso del tempo. La disponibilità di manufatti già realizzati e con uno stato avanzato di degrado rappresenta un’occasione preziosa ai fini dello studio degli interventi di retrofit sismico. Negli anni passati la Comunità Europea ha deciso di ridurre la produzione siderurgica e, come conseguenza, molti impianti produttivi sono stati dismessi. A Napoli nella Zona di Bagnoli sorgeva il complesso ILVA, agglomerato di produzione siderurgica e cementizia, che si estendeva su un’area densamente popolata, turistica e a ridosso della linea di costa. Per tale ragione è stata una delle prime aree produttive ad essere dismessa con parziali demolizioni. Parte dei manufatti realizzati sono poi stati sottoposti a vincolo di tutela, rappresentando una testimonianza di pregio dell’ingegneria industriale degli anni ’60 e ’70.
Per leggere l’articolo completo acquista il numero 17 della rivista Lo Strutturista.
Per essere sempre aggiornato e leggere contenuti inediti abbonati alla rivista Lo Strutturista – La prima rivista per gli strutturisti italiani.