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Decarbonizzazione del calcestruzzo, idee e soluzioni per un approccio sostenibile

La produzione del cemento nel mondo è responsabile per l’emissione di 1,47 miliardi di tonnellate di CO2, corrispondenti all’8% delle emissioni globali complessive di diossido di carbonio. Quali sono le soluzioni e le idee che oggi si studiano e si applicano nel mondo, per poter ridurre l’impatto ambientale legato al consumo di cemento e calcestruzzo?

21 Ottobre 2024
stagionatura del calcestruzzo
ing. Ciro Polita
Ingegnere dei materiali, attualmente si occupa di certificazioni e caratterizzazione di materiali da costruzione.

La produzione del cemento nel mondo è responsabile per l’emissione di 1,47 miliardi di tonnellate di CO2, corrispondenti all’8% delle emissioni globali complessive di diossido di carbonio. Tali numeri si legano ai processi chimici e termici necessari all’ottenimento del materiale con il maggiore consumo al mondo, senza dimenticare poi l’impatto legato ai rifiuti di materiali cementizi derivanti dalla demolizione di opere edili e civili [1]. 

Lo scopo del seguente articolo è di presentare e discutere alcune soluzioni e idee che oggi si studiano e si applicano nel mondo, per poter ridurre l’impatto ambientale legato al consumo di cemento e calcestruzzo. L’obiettivo è di mettere in risalto come in un percorso di decarbonizzazione, le possibilità possano essere molteplici e complementari, migliorando fasi diverse del prodotto come la scelta delle materie prime, lo smaltimento e i processi produttivi. 

La mappa verso la “Carbon Neutrality” entro il 2050 della Portland Cement Association e la Global Cement and Concrete Association per l’industria del cemento e del calcestruzzo [2].

Una prima soluzione prevede di utilizzare leganti alternativi come i geopolimeri o argilla calcinata e calcare, per ridurre la temperatura di processo del cemento e quindi il consumo di energia e combustibili. I geopolimeri sono composti inorganici derivanti dall’attivazione alcalina di allumino silicati prodotti come scorie industriali, tra queste quelle prodotte dall’altoforno o dalla combustione del carbone [3]. La soluzione si basa sul riutilizzo di rifiuti stabili chimicamente e resistenti alle alte temperature, proprietà utili a ridurre l’impatto energetico e l’emissione di CO2. I limiti attuali riguardano la regolamentazione normativa per l’utilizzo nelle costruzioni e possibili conseguenze per la salute derivanti dall’impiego di questi prodotti. Lo stesso principio però si applica poi nell’utilizzo di cementi a base argillosa, che permette di ridurre l’impiego di clinker utilizzando materie prime derivanti da scarti minerari a

basso costo; anche qui è necessario progredire nello sviluppo e regolamentazione di  questa tecnologia produttiva. 

Un’altra soluzione interessante è stata sviluppata dall’azienda statunitense CarbonCure, che prevede l’iniezione di CO2 proveniente da processi industriali, durante la fase di miscelazione del cemento stesso, consentendo di fissare in maniera permanente l’anidride carbonica nel materiale attraverso la formazione di carbonato di calcio. Questo permette di ridurre l’impatto ambientale nel processo di produzione del cemento non solo andando a catturare CO2 ma riducendo la quantità di materiale impiegato [4]. La sfida rispetto a questo processo è di continuare ad impiegare CO2 di recupero da processi industriali o da impianti per la cattura dell’anidride carbonica, fornendo una forma di stoccaggio diversa dalla re-iniezione in vecchi giacimenti petroliferi. 

In un’ottica di economia circolare poi, diventa interessante introdurre scarti da demolizione e rifiuti in generale, tra le materie prime utili alla produzione del calcestruzzo. L’obiettivo è quello di produrre miscele di riempimento con parziale sostituzione degli aggregati naturali con altri riciclati, siano essi provenienti da demolizione o di origine industriale. Una soluzione interessante è stata sviluppata dalla Royal Melbourne Institute of Technology in Australia dove si è limitato l’utilizzo di cemento Portland attraverso l’introduzione di polvere di gomma vulcanizzata ottenuta dallo smaltimento degli pneumatici e scarti da demolizione [5]. Considerando però gli scarti da costruzione e demolizione (C&D), il principale limite al giorno d’oggi è la mancanza di tecniche di demolizione non selettive che determinano una forte eterogeneità dei rifiuti prodotti, limitandone l’utilizzo e la qualità. 

Si conclude infine sostenendo che per raggiungere l’obiettivo di “Carbon Neutrality” nel settore del calcestruzzo è necessario si, introdurre nuove tecnologie e far progredire la ricerca, questo però non solo nella scelta della materia prima e nella cattura di anidride carbonica ma anche migliorando l’efficienza nella produzione e nelle fonti energetiche utilizzate, intervenendo infine nello sviluppo di metodi di progettazione sostenibili sia di edifici e opere strutturali [2].

[1] Fonte UNINDUSTRIA, “Cemento e calcestruzzo: impatto ambientale e alternative green”

[2] Cement companies formally adopt carbon neutrality roadmap, Fonte Comcrete News 5 novembre 2021

[3]”Geopolimeri, nuovi materiali dal passato” https://www.matto.design/it/geopolimeri-nuovi-materiali-dal-passato/

[4] https://www.carboncure.com

[5] “Concrete using recycled tyre rubber hits the road to a circular economy”, fonte: https://www.rmit.edu.au/news/all-news/2022/august/rubber-concrete

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