Il comportamento a flessione dei calcestruzzi fibrorinforzati (FRC)
All’interno della Linea Guida dedicata, le diverse prove previste permettono di caratterizzare il prodotto sia dal punto di vista meccanico che di resistenza termica e ad ambienti aggressivi.
Per calcestruzzi fibrorinforzati FRC, ci si riferisce a prodotti a matrice cementizia, additivata con fibre corte discontinue, a cui può aggiungersi armatura ordinaria o da precompressione.
All’interno della Linea Guida dedicata, le diverse prove previste permettono di caratterizzare il prodotto sia dal punto di vista meccanico che di resistenza termica e ad ambienti aggressivi.
Per determinare il contributo positivo alla resistenza, data dall’aggiunta di fibre, è giusto approfondire la prova meccanica di flessione su provini prismatici intagliati (EN 14651), il cui scopo è di determinare la “classe di resistenza residua” del prodotto FRC, che ci fornisce un’indicazione della resistenza residua a flessione del materiale una volta portato a rottura o nella cosiddetta fase fessurata. La caratterizzazione a flessione si ottiene attraverso due valori di tensione, che ci vengono restituiti dalla prova, definiti fR1k e fR3k.
Si tratta per entrambi, di tensioni corrispondenti al “limite di proporzionalità”, in altri termini sono valori di resistenza a flessione associati a punti ben precisi di deformazione o progressiva apertura della cricca, letta attraverso un CMOD (Crack Mouth Opening Displacement), posto proprio nell’intaglio centrale della trave, il cui scopo è di favorire il punto di innesco della rottura. Quindi, ad un’apertura di 0.5 mm (CMOD1) e di 2.5 mm (CMOD3) si misura un certo valore di forza (rispettivamente F1 ed F3), che definisce di conseguenza dei valori di tensione fR1k e fR3k.
Come si può osservare dal grafico, valori puntuali di deformazione a flessione della trave (asse delle ascisse) sono associati a corrispettivi valori di forza (asse delle ordinate) e da qui, delle tensioni. Queste definiscono la capacità da parte del calcestruzzo fibrato di resistere ad una specifica condizione di carico, in questo caso, a flessione su tre punti. Si riportano di seguito le formule utili all’ottenimento dei valori di tensione fR,j:
La resistenza nominale del calcestruzzo fibrorinforzato, sarà quindi definita da un numero e da una lettera, dove il primo valore, si esprime direttamente attraverso il risultato di fR1k,con valori crescenti da 1.0 a 14.0 (MPa) e il secondo attraverso il rapporto fR3k/fR1k che si associa ad una lettera dalla “a” alla “e”.
Tipicamente, non è da escludersi di trovare valori superiori a 1 nel rapporto tra le due tensioni appena citate, questo indica valori di tensione a 2.5 mm superiori rispetto a quelli misurati a 0.5 mm, definendo un comportamento detto incrudente, da parte del materiale. In altri termini, significa che la resistenza alla flessione cresce con il progredire della deformazione e quindi della propagazione della cricca, una risposta del materiale data dalle fibre che, fungendo da ostacoli fisici, si pongono come dei vincoli in opposizione al libero propagarsi della cricca nel materiale e che quindi ne definiscono una maggiore resistenza residua.
Concludendo, è importante che le fibre garantiscano una certa resistenza a flessione anche a seguito della rottura, se non addirittura un comportamento incrudente; questo poiché altrimenti la differenza rispetto al calcestruzzo ordinario verrebbe meno. La misura di tali caratteristiche del materiale è possibile attraverso la prova di flessione e la definizione della classe di prestazione del prodotto FRC.
Se vuoi approfondire leggi anche Tecnologie e forme del calcestruzzo rinforzato con fibre di vetro (GFRC)