Ponte Morandi | Esposto di 56 professionisti alla Corte dei Conti di Genova
Diversi professionisti hanno firmato l’esposto denunciando diverse problematiche riguardanti le scelte progettuali ed i costi.
L’8 febbraio 2019 sono iniziati i lavori di demolizione della parte est del Ponte Morandi. Diverse autorità presenti per l’inizio dei lavori, dal Premier Conte, al Ministro Toninelli fino al Commissario straordinario Bucci. Mentre i lavori prendevano il via promettendo di riabilitare il ponte secondo il progetto di Piano entro aprile 2020, diversi professionisti hanno presentato un esposto alla Corte dei Conti di Genova evidenziando problemi e criticità di progettazione e affidamento. Il testo, che porta la firma di tecnici e professionisti illustri quali ad esempio Aurelio Misiti, ex presidente del Consiglio superiore dei Lavori pubblici e viceministro e Gabriele Camomilla, ex direttore della Ricerca e Manutenzione di Autostrade fino al 2005.
Le problematiche
L’esposto a firma di 56 professionisti della società civile fa un’analisi generale sullo stato di salute del Ponte Morandi; si riportano i punti salienti descritti nel documento:
- intera demolizione del ponte: dai rilievi effettuati e dalle analisi tecniche si evince che circa 1/5 del viadotto è crollato, un altro quinto è sotto controllo mentre i 3/5 dell’opera sono in condizioni apparentemente normali e comunque non diverse da quelle della grande maggioranza delle opere presenti sulla nostra rete stradale. Inoltre, le
fondazioni di 4/5 dell’opera appaiono del tutto integre ed in perfetta efficienza. Si contesta quindi la volontà di demolire l’intero viadotto; - costi di demolizione e ricostruzione: il costo annunciato della nuova opera è di oltre 200 milioni di euro, oltre ai costi di demolizione ed ai costi indiretti connessi alla durata delle operazioni di demolizione e ricostruzione. Il costo della ricostruzione della sola parte crollata e consolidamento dell’esistente è invece stimabile, in base ai costi correnti di mercato, tra i 70 ed i 90 milioni di euro, con un tempo di esecuzione inferiore ai 12 mesi, non legato alla preventiva demolizione. Il costo di ricostruzione del lato ponente del viadotto, in base alla soluzione adottata ed agli importi per essa annunciati, risulterebbe di circa 60 milioni di euro, da sommarsi al costo della demolizione e tali costi, in mancanza di qualsiasi argomentazione tecnica che ne giustifichi la necessità, difficilmente potrebbero essere addebitati al Concessionario in caso di contenzioso;
- affidamento “anomalo”: la procedura di affidamento della demolizione e ricostruzione integrale del Viadotto Morandi appare del tutto anomala in quanto, come noto, è una procedura di negoziazione privata, senza gara
o comunque procedura concorrenziale ad evidenza pubblica, per un affidamento superiore ai 200
milioni di euro, in deroga a tutte le norme in materia di appalti pubblici sia nazionali che europee; - prezzo di affidamento: − l’importo a cui si è scelto di affidare l’appalto della sola ricostruzione, da quanto emerso, risulterebbe di 202 milioni di euro, cioè, considerando tre corsie per senso di marcia ed una superficie complessiva dell’opera di circa 33.000 metri quadrati, un prezzo di oltre 6.100 euro per metro quadrato di impalcato, demolizioni escluse. Il prezzo corrente di mercato, per un viadotto stradale di caratteristiche analoghe a quelle della soluzione scelta, con struttura a trave continua con campate ordinarie di circa 50m di luce (tranne due da 100), è stimabile tra i 3.000 e i 3.500 euro per metro quadrato di impalcato, in funzione del costo delle sottostrutture, dato ampiamente noto e condiviso dagli operatori del settore;
- qualificazioni SOA: la compagine a cui si intende affidare l’appalto per la progettazione e l’esecuzione dei lavori
di ricostruzione, per quanto noto, comprenderebbe anche soggetti che non avrebbero le necessarie qualificazioni SOA per le categorie oggetto dell’appalto, o che comunque, non avendo esperienza in opere di questo tipo, non potrebbero darvi un apporto significativo.
Dai punti sopracitati si riportano le seguenti conclusioni:
“Le scelte operate in sede di affidamento appaiono pertanto non sufficientemente motivate, incongrue e potenzialmente
lesive degli interessi pubblici. Tali scelte sembrano infatti comportare, rispetto ad altre possibili soluzioni che non sembrano essere state prese in considerazione, un rilevante aggravio di spesa, il cui addebito al Concessionario è tuttora incerto, oltre a cagionare ingenti danni indiretti all’economia locale e nazionale per la presumibile maggior durata dei lavori”.