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Aurelio Ghersi: passione e dedizione per l’ingegneria strutturale

Intervista all’autorevole Prof. dell’Università di Catania. Dal sogno di diventare ingegnere, alla didattica, la scrittura dei celebri testi fino alle NTC 2018.

21 Dicembre 2018
Aurelio Ghersi
Redazione calcolostrutturale.com
La redazione di calcolostrutturale.com è composta da ingegneri edili, copy strategist ed esperti di marketing e comunicazione.

Per la serie “Protagonisti”, intervista esclusiva al Prof. Ing. Aurelio Ghersi docente presso la Facoltà d’Ingegneria dell’Università di Catania e autorevole scrittore di testi cardine dell’ingegneria civile contemporanea quali “Il cemento armato”, “Teoria degli edifici” ed “Edifici antisismici in cemento armato” editi da Flaccovio Editore. Classe 1951 e laureato in Ingegneria civile edile presso l’Università Federico II di Napoli, si specializza in ambito strutturale e consegue negli anni successivi la specializzazione in Teorie e tecniche per l’impiego dei calcolatori elettronici nel medesimo Ateneo. Collabora presso lo studio del Prof. Michele Pagano per la progettazione di edifici antisismici e negli anni ’80 ha prestato la sua opera per la valutazione dell’agibilità di diversi edifici a seguito del terremoto dell’Irpinia. Oltre alla passione per la didattica e la scrittura di testi scientifici, ha realizzato diversi software applicativi (EC2 e MomCad per citarne alcuni) a supporto dei professionisti.

 

Lei è sia un’autorevole docente universitario che un importante autore nell’ambito dell’ingegneria civile. Cosa l’ha spinta alla scrittura e alla divulgazione di testi scientifici?

La didattica e la divulgazione è sempre stata una mia passione. Ho iniziato a Napoli all’inizio degli anni ‘80, collaborando come ricercatore del prof. Michele Pagano con seminari sull’uso del personal computer e nelle applicazioni strutturali ai tempi in cui i personal computer erano un oggetto raro e non molto conosciuto (erano anche i tempi in cui chi aveva bisogno di programmi per il calcolo strutturale doveva farseli da sé!). Su questi temi, sulla progettazione antisismica ed il calcolo di strutture mediante analisi matriciale, partendo da cicli di lezione, ho realizzato dei libri pubblicati dalla CUEN (Cooperativa Universitaria Editrice Napoli); dallo studio in altri settori di ricerca ho avuto delle pubblicazioni anche con la casa editrice Liguori. Successivamente, col trasferimento a Catania e l’impegno a tenere un corso tutto mio, sono nati i libri che ancora oggi si utilizzano (“Il cemento armato”, “Edifici in muratura” per citarne alcuni ndr) grazie alla collaborazione con la casa editrice Flaccovio.

 

Quando è nata la sua passione per l’insegnamento e per il mondo delle strutture?

Sono figlio di ingegnere e mi torna in mente l’immagine di me bambino in piedi dietro mio padre seduto alla scrivania, intento a fare calcoli (penso computi metrici) con una calcolatrice elettromeccanica (ai tempi in cui non si pensava alle attuali calcolatrici). Quindi già da piccolo sognavo di diventare anch’io ingegnere. La vera passione per le strutture è però nata a Napoli, seguendo i corsi di Scienza delle costruzioni di Franciosi, di Tecnica delle costruzioni di Giangreco e di Complementi di Tecnica delle costruzioni di Pagano.

 

Alcuni software applicativi da lei realizzati (EC2, Tel2008, MomCad, ecc.) sono tutt’oggi un riferimento per studenti e ingegneri. Qual è il ruolo che i programmi di calcolo devono avere nella vita professionale del tecnico d’oggi?

Il software è un importante aiuto per il tecnico, ma non può e non deve sostituirsi a lui. È importante avere sempre un’idea del risultato che dovrà uscire dal calcolo, perché anche se il programma è perfetto siamo noi che lo utilizziamo a commettere errori o ad usarlo in maniera impropria. La potenza di certi programmi mi affascina (penso ad esempio ai modelli a fibre per la risoluzione di strutture intelaiate spaziali) ma vedendoli usare mi viene un po’ di angoscia. Strumenti così potenti sono molto sensibili ai dati forniti ed alle scelte fatte dall’utente e la loro precisione è molto spesso annullata da un uso alla leggera, fatto senza meditare sulle scelte, di parametri e modelli, che si devono fare per utilizzarli. Oserei dire che il tecnico dovrebbe usare programmi di calcolo solo se è in grado di prevedere l’ordine di grandezza del risultato che uscirà dal calcolo e di riconoscere a vista risultati palesemente poco attendibili.

 

Il 2018, con le nuove NTC, è stato un anno importante per il mondo delle costruzioni. Come valuta l’impatto di questo nuovo testo normativo sull’ingegneria strutturale?

È da almeno venti anni che si dice che dobbiamo avere una normativa tecnica comune in Europa; sono stati prodotti negli anni ’80 del secolo scorso gli Eurocodici, che costituiscono la più ampia enciclopedia del progettista strutturale che sia possibile immaginare. Nel primo decennio del secolo corrente è stata fatta una loro revisione, che ne ha consentito l’approvazione come norme Europee e un nuovo aggiornamento è in corso, che porterà all’edizione degli anni ’20 di questo secolo. Si continua a dire che dovremo tutti utilizzare queste norme: ma allora perché i legislatori italiani continuano a sfornare nuove NTC, che via via limano le differenze rispetto agli Eurocodici ma non possono riuscire a raggiungerne la completezza? Io suggerirei di abolire le NTC e pubblicare su Gazzetta Ufficiale la versione integrale degli Eurocodici. A questa pubblicazione premetterei una brevissima legge che dica ufficialmente quanto già contenuto nella EN 1990: “Nella normativa tecnica si fa distinzione tra Principi e Regole applicative. I Principi sono sia affermazioni o definizioni per le quali non è consentita alternativa che requisiti o modelli analitici per i quali non è consentita alternativa se non espressamente indicato. Le Regole applicative sono criteri progettuali generalmente riconosciuti, che rispettano i Principi, ma è permesso usare criteri progettuali alternativi purché rispettosi dei Principi”. Si deve, insomma, smettere di interpretare come cogente qualsiasi frase riportata nelle norme tecniche.

Fatta questa lunga premessa, posso solo aggiungere, brutalmente, che l’impatto delle nuove NTC è minimo. Per me è solo un’occasione per ritornare a meditare su quello che facciamo e come lo facciamo. Ad esempio, io ho pubblicato la versione aggiornata del libro “Edifici antisismici in cemento armato”, ma questa, più che un aggiornamento alla nuova normativa, è stata l’occasione per trasferire nella nuova edizione l’esperienza di dieci anni di applicazione concreta delle norme. Sottolineo questo perché non si deve mai smettere di ragionare criticamente su quello che si fa e di trarre nuove esperienze dalla attività progettuale quotidiana.

 

Nel mondo delle costruzioni si è ancora molto legati alla classica costruzione in cemento armato piuttosto che in altri materiali (ad esempio l’acciaio). Può fornirci una sua opinione a riguardo?

Come formazione culturale sono “nato” come cementista, grazie soprattutto al contatto con i prof. Pagano e Giliberti ma, il contatto col prof. Mazzolani, mi ha arricchito enormemente e mi ha fatto amare l’acciaio. Ritengo un vero peccato il fatto che l’acciaio sia così poco studiato all’università e pochissimo applicato nel mondo delle costruzioni. Nell’insegnamento di Tecnica delle costruzioni, da almeno 15 anni, su suggerimento di un amico che stimo tanto (l’ing. Antonio Perretti), ho collocato l’acciaio proprio nella parte iniziale del corso, anche perché gli studenti passano meglio dal modello ideale di materiale elastico lineare della Scienza delle costruzioni al materiale acciaio (che è inizialmente lineare, poi plastico) più che al calcestruzzo (che è fin dall’inizio non lineare ma soprattutto con diverso comportamento a trazione e compressione). Credo di aver creato parecchi giovani ingegneri appassionati dell’acciaio e spero che loro possano servire da stimolo nel mondo lavorativo per un più diffuso uso di questo materiale.

 

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