Volte in muratura
Verifica e ottimizzazione strutturale tra passato e presente
Le volte in muratura rivestono, oggi come in passato, un ruolo di particolare interesse tanto in ambito architettonico quanto in ambito ingegneristico, data la loro efficacia da un punto di vista sia estetico che strutturale nel coprire luci anche molto ampie sfruttando al meglio le caratteristiche meccaniche del materiale.
Per orientare la riflessione scientifica e l’intervento tecnico sulle costruzioni voltate in muratura, evitando di stravolgerne l’originaria concezione statica, occorre anzitutto essere in grado di eseguire valutazioni coerenti con il loro funzionamento meccanico: una problematica oggi certamente all’ordine del giorno, le cui radici, però, vanno ricercate negli studi condotti fra XVIII e XIX secolo, quando il costruire in muratura costituiva palestra quotidiana della pratica e stimolava non di rado l’interesse scientifico di architetti, ingegneri e matematici per la sua interpretazione in chiave meccanica.
In effetti, la verifica di stabilità per una volta muraria di geometria e carico assegnati, da un lato, e il progetto della “miglior figura” da attribuire ad un’arcata in pietra di nuova costruzione, dall’altro, sono problemi sui quali la letteratura fra Settecento e Ottocento offre un panorama vastissimo che non può rimanere estraneo al moderno strutturista, viste anche le potenzialità offerte dai software di modellazione parametrica di cui oggi disponiamo.
Ci sembra dunque opportuno rivolgere la nostra attenzione verso quel panorama di studi, selezionandone alcuni particolarmente significativi per rigore scientifico e generalità di impostazione. Supportati, in questo, dalla lezione metodologica che, a partire dal lavoro pionieristico di Jacques Heyman sullo stone skeleton (1966), ha permesso di rivalutare un patrimonio di ricerche caduto gradualmente nel dimenticatoio dopo la svolta in senso elasticista avvenuta a partire dall’ultimo quarto dell’Ottocento, allorquando anche l’arco murario venne inesorabilmente assimilato ad un sistema elastico iperstatico da risolvere come trave ad asse curvilineo.
Il modello pre-elastico per l’arco in muratura
Il recupero della tradizione pre-elastica al quale ci siamo riferiti richiamando Heyman trova il suo fondamento nella trasposizione dei teoremi dell’analisi limite dallo steel allo stone skeleton sulla base delle seguenti ipotesi:
- la muratura ha resistenza nulla a trazione: ipotesi valida per murature a secco o con giunti di malta molto deboli;
- la muratura ha resistenza infinita a compressione: ipotesi valida per strutture voltate dotate di una resistenza a compressione tanto elevata da poter escludere una loro crisi per schiacciamento del materiale. L’impegno tensionale del materiale sotto carichi di esercizio è peraltro limitato, in generale, a valori di circa un decimo della sua resistenza a compressione;
- fra i conci non possono avvenire scorrimenti: ipotesi non sempre verificata ma, nella maggior parte dei casi, giustificata dall’attrito presente tra le superfici a contatto.
Il modello meccanico dell’arco è quindi rappresentato da un sistema di conci rigidi a contatto monolaterale e scabro sulle superfici dei giunti, in perfetta corrispondenza con il modello preso a riferimento nella letteratura pre-elastica. Soffermandoci sul caso di un arco soggetto ad azioni gravitazionali, per il quale sussiste, in generale, simmetria di forma e di carico, la verifica di stabilità […]
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