Perizia sul Ponte Morandi: “il 99% dei cavi nello strallo era corroso”. Un video del 2015 testimonierebbe lo stato di usura
Un video girato durante un’ispezione è, secondo la Procura, una prova della mancanza di manutenzione accurata dell’opera.
Alcune settimane fa, nell’ambito del secondo incidente probatorio del processo sul crollo del Ponte Morandi, avvenuto il 14 Agosto 2018, è stata depositata la perizia, di circa 500 pagine, sulle cause dell’evento a firma di quattro ingegneri e professori universitari: Massimo Losa e Renzo Valentini dell’Università di Pisa, Giampaolo Rosati e Stefano Tubaro del Politenico di Milano.
Il crollo del ponte è avvenuto a causa di mancanza di manutenzione, così come si legge infatti all’interno del documento, agli atti della Procura di Genova e diffuso da alcune testate giornalistiche, tra cui il Corriere della Sera. “Le cause profonde dell’evento possono individuarsi in tutte le fasi della vita del ponte, che iniziano con la concezione/progettazione dell’opera e terminano con il crollo. Lungo questo periodo temporale, si collocano le cause, relative alle diverse fasi di vita dell’opera, che hanno contribuito al verificarsi del crollo. Esse sono identificabili nei momenti dei controlli e degli interventi manutentivi che, se fossero stati eseguiti correttamente, con elevata probabilità avrebbero impedito il verificarsi dell’evento. La mancanza e/o l’inadeguatezza dei controlli e delle conseguenti azioni correttive costituiscono gli anelli deboli del sistema; se essi, laddove mancanti, fossero stati eseguiti e, laddove eseguiti, lo fossero stati correttamente, avrebbero interrotto la catena casuale e l’evento non si sarebbe verificato”.
Il collasso è avvenuto per la rottura della pila numero 9, nella quale è risultato che solo 4 trefoli su 464 (meno dell’1%) non erano corrosi. “Tale processo di corrosione”, si legge all’interno della perizia, “è cominciato sin dai primi anni di vita del ponte ed è progredito senza arrestarsi fino al momento del crollo, determinando una inaccettabile riduzione dell’area della sezione resistente dei trefoli che costituivano l’anima dei tiranti, elementi essenziali per la stabilità dell’opera”.
In video diffuso in questi giorni dal Tg La7, risalente al 21 Ottobre 2015, in cui i tecnici della società Spea (che effettua i controlli tecnici dell’opera) estraggono alcune carote dello strallo della pila nr.9, è visibile lo stato di degrado sia degli stralli che del calcestruzzo. Il video è agli atti del processo.
Secondo la perizia la causa del crollo è stata, quindi la rottura della pila nr.9, causata a sua volta dalla corrosione dei trefoli; corrosione dovuta, come in un evento a catena, a causa della poca manutenzione, derivante da controlli del tutto inadeguati, così come emerge dalle intercettazioni dei tecnici.
Sempre all’interno della perizia del Ponte Morandi si legge che «I sistemi di monitoraggio attuati, pur conoscendo i rischi di degrado dei materiali, non sono però risultati adeguati a individuare le criticità presenti nella parte del viadotto crollata. Le metodologie di calcolo, con riferimento al progetto, dovevano essere migliorate tenendo conto che nel caso dei trefoli la letteratura scientifica ha da tempo dimostrato come la semplice perdita di sezione dell’acciaio sia un parametro pericolosamente semplicistico […] È chiaramente mancato un coordinamento ingegneristico in grado di raccogliere e confrontare tra loro tutte le informazioni disponibili che, seppur incomplete, dovevano destare un ben maggior allarme sullo stato dell’opera”